LORO E NOI - 18/08/2025
 
Una falsa alternativa

Il Corriere della Sera, in un articolo di Gerardo Villanacci («Deglobalizzazione e solidarietà») del 14 agosto, si interroga sulla controversa questione dei dazi americani, sui loro effetti per i Paesi che, come l’Italia, commerciano con gli Stati Uniti, e sul pericolo rappresentato dalla progressiva crescita del fenomeno della «deglobalizzazione». Un fenomeno considerato come l’esito di un processo di profonda trasformazione dell’attuale modello di governance dell’economia globale, «espressione di un declino che travalica quello dell’economia internazionale e rischia di compromettere la solidarietà sociale ovvero il pilastro culturale del nostro tempo». La globalizzazione avrebbe favorito, questa è la narrazione sostenuta nell’articolo, gli scambi commerciali e tecnologici, plasmato l’attuale interconnessione mondiale, diffuso idee, costumi, abitudini, aperto inedite opportunità alle relazioni economiche e sociali tra vari Paesi del pianeta, spinto lo sviluppo di tutta una serie di settori vitali, dai trasporti alle comunicazioni, dalla medicina alla scienza, attraverso l’affermazione del libero scambio e la negazione di politiche mercantilistiche, barriere commerciali, dazi doganali. Certo, ricorda il quotidiano milanese, il processo ha conosciuto anche riflessi negativi, in particolare quelli correlati a forme di interdipendenza economica che hanno alimentato lo sfruttamento dei Paesi più poveri e favorito diseguaglianze sociali ed economiche. La globalizzazione avrebbe dovuto caratterizzarsi maggiormente – secondo Villanacci – per la ricerca di un maggiore equilibrio tra interessi sociali ed istanze economiche, dedicarsi di più alla promozione dell’equità sociale, e proprio l’assenza di questi elementi ha determinato la battuta d’arresto conosciuta negli ultimi anni dal processo di globalizzazione. «Bisogna certamente contrastare la regressiva politica di aumento dei dazi doganali, ma anche implementare i livelli di solidarietà tra Stati e persone. Un percorso impervio ma possibile a livello internazionale soprattutto attraverso l’Unione Europea già strutturata istituzionalmente come una democrazia trasnazionale», non rassegnarsi alla deglobalizzazione ma puntare ad una nuova forma di globalizzazione capace di favorire il contatto con le persone e più attenta ai bisogni delle comunità.
Quella proposta è la classica alternativa tra politiche borghesi, un’alternativa incapace di cogliere la natura di classe dei processi analizzati, di fenomeni che, nelle loro diverse inclinazioni, vivono sul privilegio di una classe dominante e sullo sfruttamento di una classe dominata. Un’alternativa che nella sua totale impostazione interclassista impedisce, riteniamo, di analizzare la realtà sociale per come realmente si manifesta. Sostenere che la solidarietà sociale sia il pilastro culturale del nostro tempo ci sembra un po’ troppo, significa trascurare l’evidente cambiamento delle condizioni di lavoro conosciuto in Italia, e non solo, proprio nel periodo più pieno di esaltazione globalista, durante il quale sono state approvate, spesso da partiti della sinistra borghese e sempre con il plauso dell’Unione Europea, riforme pensionistiche, leggi sul diritto del lavoro, normative di riduzione di spesa per istruzione, inclusione sociale, sanità e assistenza, che hanno nel complesso determinato il peggioramento delle condizioni di vita di settori consistenti di classe salariata. L’ascesa elettorale dei partiti sovranisti, in Italia, negli Stati Uniti d’America e in altri Paesi d’Europa e del mondo, è il frutto di tali politiche e dell’assenza di un’autentica, coerente risposta di classe ad esse.
Nessuna coscienza critica della globalizzazione, nessuna proposta globalista o antiglobalista, nessuna politica borghese può conciliare profitto e giustizia sociale, capitale e lavoro, mercato e condizioni di vita adeguate per tutti. Alle illusioni sovraniste e alle favole di una globalizzazione più buona non crediamo. Tra globalizzazione e antiglobalizzazione non scegliamo, per i comunisti la vera alternativa rimane quella tra il capitalismo e il suo superamento.