LORO E NOI - 26/11/2025
 
Tutto è bene...

Il Monferrato, storico bisettimanale locale, ha riportato che Sartirana, in Lomellina, ha ricordato «uno dei suoi figli più cari» (11 novembre). Si tratta di Paolo Moro, della cui autobiografia è stata presentata la ristampa. È indubbiamente meritorio che si voglia tenere vivo il ricordo di una figura – «uomo politico, socialista, intellettuale, ma soprattutto sindacalista, caratteristiche che, ovviamente, lo rendevano poco gradito all’Italia fascista» – e di un’epoca segnate da eventi, sviluppi storici ed esperienze di lotta di classe che costituiscono tuttora un prezioso materiale per la riflessione e la formazione politica. Moro, esponente del movimento proletario lomellino, perseguitato dal fascismo, nella zona emanazione diretta degli interessi della borghesia agraria, e costretto all’esilio, ha rappresentato una significativa espressione del socialismo italiano, della sua forza e delle sue contraddizioni.
Ciò che però colpisce, nel finale dell’articolo, e non può che lasciare più che perplessi, è l’evocazione di una sorta di “lieto fine” della storia che ha trovato in Moro uno dei suoi maggiori interpreti.
La sua terra «sta rinascendo» con un Ecomuseo e, anche grazie a Moro, oggi esiste «la “Piccola Loira” di castelli e canali di cui vanno fieri gli abitanti di questo territorio».
Non ci scandalizza certo che i lomellini possano essere fieri delle bellezze e dei lasciti storici della propria terra. Ma chi conosce davvero la Lomellina di oggi, le condizioni economico-sociali della sua classe lavoratrice, può vedere anche e soprattutto altro: gli effetti nel tempo di una brutale deindustrializzazione, disoccupazione, diffusi e rovinosi processi di precarizzazione, centri urbani un tempo snodi di un vitale tessuto produttivo caratterizzati da crescenti fenomeni di degrado, ceti politici locali impegnati a trarre profitto in senso sovranista e populista da questo degrado e dai risentimenti diffusi che genera e al contempo disponibilissimi a consentire il saccheggio del territorio da parte di grandi gruppi economici e multinazionali.
Capiamo come gli attuali rapporti di forza sociali in Italia, la presente condizione politica e culturale della società italiana, consentano la dilagante opera – che ne siano consapevoli o meno i diretti, singoli, artefici – di anestetizzazione della memoria della lotta di classe, di celebrazione dell’ordinamento capitalistico, delle leggi del mercato e della mercificazione come stato “naturale” dell’essere umano. Comprendiamo come da tutto questo sia derivata in un recente passato la triste fioritura di ideologie sulla “fine” della Storia, delle classi, delle guerre e possano scaturire oggi certe ambigue rassicurazioni di ecumeniche e interclassiste “rinascite”.
Ma appiccicare alla memoria di un militante socialista che fu parte di un ciclo, grande e drammatico, della lotta di classe degli sfruttati il “lieto fine” paesaggistico va persino oltre. È persino offensivo.