LORO E NOI - 30/06/2025
 
Le armi (e le deportazioni) del mondo “libero”

«Che cos’è l’erba?
Mi chiese un bambino portandomene a piene mani;
come potevo rispondergli?
Non so meglio di lui che cosa sia»

Se non fosse chi effettivamente è, se non dovesse assumere il ruolo che invece deve assumere e se non dovesse mostrarsi come il proprio incarico gli impone, chissà se il segretario generale della Nato, Mark Rutte, non avrebbe pensato a Walt Whitman per una risposta al bambino che, durante una conferenza stampa all’Aja, gli ha chiesto se poteva portare la pace nel mondo (La Stampa, 26 giugno). Le messinscene propagandistiche dell’imperialismo non esitano nemmeno più di fronte ai toni da caricatura deamicisiana di simili siparietti.
Rutte, ovviamente, ha rispettato il proprio copione e ha rifilato al piccolo intervistatore la solita solfa del “si vis pacem, para bellum”.
Da parte nostra ci piacerebbe, invece, di fronte a queste brutte storielle dei difensori del mondo “libero”, raccontare al bimbo una storia vera, che mostra su cosa poggia veramente questo mondo “libero”, quali interessi tutela e cosa è disposto a fare per difenderli. E di quanta ipocrisia sia gonfio.
C’era una volta un’isola nell’Oceano Indiano che era stata popolata con gli schiavi prelevati dal Madagascar e dal Mozambico. I discendenti e altri residenti continuarono a vivere dedicandosi alla pesca e alla raccolta e alla lavorazione delle noci di cocco. Poi, uomini potenti, a capo di potenti eserciti e potenti economie, decisero che quell’isola avrebbe dovuto diventare una base militare. «Tra il 1967 e il 1973 più di 1.500 persone furono costrette ad abbandonare le Chagos e a reinsediarsi a Mauritius, alle Seychelles e nel Regno Unito. Inizialmente, spiega Laura Jeffery su The Conversation, “i britannici impedirono a chi era andato in viaggio a Mauritius e alle Seychelles di tornare alle Chagos, poi tagliarono i rifornimenti alle isole e ridussero i posti di lavoro nelle piantagioni di palme da cocco. Infine costrinsero gli ultimi rimasti a imbarcarsi su navi stracolme” […] Altrettanto significativa è stata la testimonianza di Marie Liseby Elysé, che nel 2018 è andata alla Cig (Corte internazionale di giustizia) per raccontare la sua esperienza personale del trasferimento forzato nel 1973, a bordo di una nave squallida e portandosi dietro solo pochi vestiti, un viaggio terribile che alla fine le causò un aborto. “Gli attivisti delle Chagos si sono battuti per ottenere una compensazione per lo sfollamento forzato e il diritto al ritorno. Hanno ottenuto dei risarcimenti limitati dal governo britannico nel 1978 e nel 1982. Ma non hanno ancora il diritto al reinsediamento. E non è ancora chiaro se lo otterranno con il nuovo accordo” tra Regno Unito e Mauritius, fa notare Laura Jeffery» (Internazionale, edizione online, 11 ottobre 2024).
Quella che è quindi diventata la base militare anglo-americana di Diego Garcia ha svolto la funzione di punto di partenza per il decollo dei bombardieri durante la guerra del Golfo del 1991, quella in Afghanistan e quella in Iraq nel 2003.
È tornata recentemente a far parlare di sé durante gli scontri che hanno contrapposto Israele e Iran e hanno visto l’intervento americano. Continua ad essere una postazione strategica nel dispositivo militare a difesa del mondo “libero”. Per difendere questa “libertà”, questo mondo ha ridotto in schiavitù e deportato. Ma sono sottigliezze a cui Rutte non presta attenzione, e poi i bambini non capirebbero...