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Dell’intemerata
Le acrobazie dialettiche, dove qui la dialettica non c’entra nulla, ma sono solo il modo con cui si presentano i repentini cambi d’indirizzo polemico, sono decisamente il sale degli interventi di gran parte degli opinion makers della stampa borghese. Nella sua rubrica, “Il Caffè”, del Corriere della Sera del 4 dicembre, Massimo Gramellini elogia un’intervista fatta dal suo collega Fabrizio Roncone a Pier Ferdinando Casini. È l’occasione per riportare la battuta, ormai ventennale, di un ministro della Prima Repubblica in cui si affermava che la scena politica vedeva ormai lo scontro tra foderi, non più tra sciabole. Questo per significare quanto il livello dello scontro politico fosse sceso rispetto ai rappresentanti della precedente generazione politica, i vari Moro, Almirante, Berlinguer.
Gramellini si interroga, quindi, se sia effettivamente in atto un reale «declino della specie» o quella tipica tendenza dell’età adulta a sopravvalutare il passato rispetto al presente (il «torcicollo emotivo»). Il finale è all’insegna della consueta, greve ironia con cui l’opinionista della grande stampa irride gli esponenti politici attuali, stigmatizzandone i limiti e ovviamente riservando a sé un palco d’onore separato e distante dal proscenio politico borghese del cui scadimento le maggiori testate e le loro grandi firme non hanno la benché minima responsabilità. Tra una ventina d’anni, predice, i mass media rimpiangeranno il «garbo» di Salvini e l’«assoluta mancanza di faziosità» di Francesca Albanese. Che tutti questi vari e multiformi esponenti del mondo politico borghese mostrino tratti degni della più feroce ironia, e soprattutto di una serrata critica della loro matrice e delle loro contraddizioni di classe, non c’è dubbio. Suscita però qualche perplessità che a questa ironica previsione sfuggano i sermoni liberaleggianti e moraleggianti, i comodi appelli alla mobilitazione democratica, e quando occorre persino all’austerità e al sacrificio, le periodiche ebbrezze ideologiche, dei vari Paolo Mieli, Ernesto Galli della Loggia e dello stesso Gramellini.
Quello che ci preme rimarcare è che ogni tempo trova gli uomini che lo rappresentano, ogni momento storico della società esprime una determinata classe politica. Di fronte alla nostra classe che attraversa da tempo un periodo di tragica quiescenza, la borghesia non è spinta a dotarsi di rappresentanti capaci di leggere, combattere, utilizzare la spinta proletaria. Non tende a produrre apparati ideologici e ambiti politici che si possono formare invece misurandosi con i fermenti, le sollecitazioni, le sfide di una fase di vigore della lotta di classe. Il decadimento, l’ignavia e l’incapacità degli attuali politici sono lo specchio di una condizione storica della borghesia, di un periodo della storia del capitalismo. Non illudiamoci però. Non illudiamoci nemmeno per un istante che la classe dominante e sfruttatrice si possa arrendere per manifesta inferiorità, che possa risolversi a consegnare le armi, a cedere il passo e uscire dalla Storia perché prostrata da un eccesso di incompetenza, di cialtronismo dei suoi rappresentanti politici. Al bisogno la borghesia saprà sempre trovare il deus ex machina che servirà a combatterci. Saprà attingere dalla società le energie, il materiale umano da cui trarre leve politiche con cui cercare, ferocemente, accanitamente, di reprimere la nostra classe, di ingannarla, tradirla, schiacciarla, corromperla. Nei modi più vari. È tutta la nostra storia di classe a insegnarcelo.
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