LORO E NOI - 23/12/2025
 
A difesa della superiore civiltà

Di fronte ad un calo in borsa di Leonardo, forse legato alle iniziative diplomatiche per un accordo tra Ucraina e Russia che possa mettere fine o “congelare” il conflitto tra i due Paesi (per lasciare spazio ovviamente alla pace del capitalismo, costantemente gravida di nuove guerre e fecondata ininterrottamente da sfruttamento e corsa spietata ai profitti), l’amministratore delegato del gruppo italiano del settore militare e dell’aerospazio, Roberto Cingolani, ha voluto esternare le proprie preoccupazioni. Persino la pace del capitalismo può sembrare arida di ritorni economici ad ambiti borghesi abituati a intascare cifre da capogiro grazie alle guerre combattute. «Giova ricordare – riporta il Fatto Quotidiano online del 27 novembre – come l’indice Stoxx Europe Total Market Aerospace & Defense, resta su livelli superiori di quasi il 200% rispetto a quelli precedenti l’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022». Bei tempi che è bene non finiscano…
L’ex ministro della Transizione Ecologica in quota grillina (giusto per ribadire come il carattere farlocco di certe pretese “rivoluzioni” si riveli puntualmente anche negli effetti e nei risultati che producono nel tempo) ricorre, come da copione, a toni profetici, a massime storiche, a supreme lezioni di civiltà.
«La pace va difesa, ma ha un costo, non è gratuita».
L’investitore nell’industria degli armamenti italiana deve essere spronato dalla consapevolezza che il suo è un nobile gesto motivato dal divario etico rispetto al nemico non occidentale (non specificatamente menzionato): «“Noi abbiamo ancora dei vincoli etici che vogliamo rispettare e non sacrificheremo mai mille giovani al giorno – ha dichiarato l’amministratore delegato di Leonardo – mentre i nostri avversari se ne fregano”. Dunque, conclude Cingolani, “se noi intendiamo rispettare le regole di etica della civiltà occidentale, noi dobbiamo mettere su queste tecnologie, sennò ci sterminano”».
In sintesi, mentre i vertici delle industrie della difesa macinano enormi profitti e intascano montagne di soldi, ai proletari di tutto il mondo non deve che rimanere una scelta: o crepare al fronte (ammazzando altri proletari) o accettare che il business delle armi ingrassi sempre di più sulle loro spalle (magari rinunciando anche a basilari forme di tutela sociale sviluppatesi in tempi “molli” e da liquidare quando suona la tromba guerriera).
Intanto, su Internazionale del 5 dicembre, viene riportata qualche cifretta, roba certo prosaica rispetto alle vette della riflessione storica su cui si è mosso l’amministratore delegato, ma a suo modo non priva di interesse.
I dividenti pagati da Leonardo sono passati da 14 centesimi per azione (2016) a 28 (2023) fino a 52 (2024).
Lo stipendio di Cingolani è passato da 953mila euro (2023) a 1,9 milioni (2024). Quello del presidente Stefano Pontecorvo da 252mila a 490mila.
In fin dei conti, dobbiamo ammettere di essere sostanzialmente d’accordo su diversi punti del ragionamento dell’amministratore delegato dell’azienda di armi.
È vero, la massima spietatezza contraddistingue e contraddistinguerà le guerre del capitalismo. Ci permettiamo però di aggiungere – sulla base di inoppugnabili fatti storici, dalle guerre dell’oppio alle irrorazioni di napalm, dalle stragi commesse in Etiopia dall’imperialismo italiano agli odierni massacri compiuti dagli sgherri africani e asiatici dell’imperialismo – come siano state tutte le borghesie, occidentali ed orientali, del Nord o del Sud del Mondo, ad aver dimostrato di saper condurre guerre e conflitti calpestando tutti quei principi di etica e di civiltà all’occorrenza celebrati e invocati a gran voce da amministratori delegati, politici e ideologi del capitale.
I dati sull’andamento dei titoli di Leonardo e sugli emolumenti dei suoi vertici confermano anche la verità che la pace del capitalismo «ha un costo, non è gratuita». Non sono gratis nemmeno le altisonanti baggianate del suo amministratore delegato.
A pagare il conto sono e saranno i proletari.